Studiare in alto

Last Updated: 22 Agosto 2024By

Dalle antiche case ottocentesche di Via Fiori Oscuri puoi fissare gli austeri muri perimetrali del palazzo di fronte, le cui ampie finestre in pietra spiano il viavai della gente di Brera. E da sempre, in quei corridoi, fanno bella mostra di sé le più audaci studentesse, entusiaste, disinvolte, e può capitare che posino inconsciamente per qualche fotografo fortunato, e non solo per gli squattrinati bohemien, pittori e scultori che studiano all’Accademia.

Supponiamo che le studentesse di Brera inseguano una ‘poetica della superfice’ in cui l’immagine non è solo illustrazione di una parola, ma pone anche confusione al significato, una sorta di resistenza a quella ricerca di verità che tanto infervora i loro studi, che tanto emoziona chi riesce a vedere al di là della semplice rappresentazione, dietro di essa. Supponiamo ora che le studentesse non reclamino affatto personalità troppo contorte, che per loro sia il corpo l’elemento più importante, una superfice tutt’altro che superficiale, e che il loro studiare insieme, dibattere, creare e cooperare sia libero dal senso comune e soprattutto dall’ossessione estetica di oggi per le mille sfumature dell’animo.
In entrambi i casi, sembrano studiare più in alto, con la fronte sui libri ma i sogni sopra le vie ed i tetti del quartiere. Ambiscono a scorgere l’invisibile e ciò crea un confronto insolito tra studio ed atto creativo, parola e immagine, dove la prima opera da didascalia della verità che sta dietro la seconda. E la convenzionalità dei discorsi vuole che oltre un’immagine, un volto, oltre i movimenti di un corpo da rappresentare vi sia qualcosa di tremendamente più segreto, che non si vede ma che ne spiega l’essenza.

Sia chiaro. La tentazione non è quella di rivendicare l’utilità di filosofia e belle arti; l’utilità dell’inutile* azzarderebbero a dire le scritture del mercato: discipline superflue da comprimere per lasciare il dovuto spazio a saperi più pratici, più allineati con il pensiero imperante orientato verso il know how, semmai da potenziare e introdurre negli indirizzi tecnici quantomeno in forma settoriale. Si rammenti al mondo, tuttavia, che l’incontro di domanda e offerta non è l’unica legge naturale, che il mercato non è l’unica realtà, che non esistono soltanto produttori e consumatori. Non s’intenda che le menti scientifiche siano necessariamente inespressive nella loro ossessionata ricerca della verità, ma chi è arido di spirito difficilmente troverà utile irrigarlo con la creatività e la lettura, mentre chi è svantaggiato ma fertile nell’animo, ha sempre dimostrato di poter divenire, anche da autodidatta, una persona migliore di chi ha maggiori mezzi.

Forse non servono tutte queste precisazioni se nemmeno la scienza, d’altronde, proprio quella che ha fornito la potenza tecnologica per mutare la faccia del mondo e salirci sopra, non si è mai basata sul principio che ogni forma di sapere derivi da essa, salvo che nelle visioni di chi non ne ha mai compreso il legame intimo e fondante con la controparte umanistica, con la letteratura, con l’arte, con la filosofia.

Contrapposizioni tra ‘belle arti’ e ‘scienze esatte’ non esistono alla radice, che si studino entrambe con dedizione e che s’incontrino più in alto possibile. Parafrasando il Vangelo di Luca, le une non sono donne migliori delle altre, eppure le prime ricordano Maria che si pone contemplativa ai piedi di Gesù ad ascoltarlo, mentre le seconde la sorella Marta, perennemente affaccendata nelle cose quotidiane; ma quella di Maria, dirà Gesù, “è la parte migliore, che non le sarà tolta”.

*definizione di Nuccio Ordine, storico della letteratura

Gabriele Cardinale, agosto 2024 – @Mozzafiato

Foto: Baldassarre Aufiero 

Studentesse universitarie da sinistra a destra:

Rebecca Sbrozi, Sveva Campana, Margherita Falchi

Luogo: Università Cattolica – Milano

 

ultimi articoli