L’insostenibile dipendenza dal cellulare
Come Bill Murray in Giappone. Mi sono bastate 24h a Milano senza il cellulare lasciato a Firenze. E poco importa se sono state 12h come maliziosamente fa notare Arianna, il dramma è che a me sono sembrate 48h di pura incomunicabilità.
E provo un pizzico di imbarazzo a scrivere che quando me ne sono accorto a Santa Maria Novella la prima reazione è stata non parto e corro a riprenderlo, che se non c’era Ezio con me avrei sicuramente preso il treno dopo.
E solo ora riesco a sorridere nel ripensarmi perso la sera tra le strade vicino a Sempione, a cercare un albergo a cui avrei avuto accesso solo mostrando un QR code che ovviamente non avevo più, a ritrovarmi a parlare con degli estranei per chiedere informazioni come se fossimo tornati negli anni ’90, a cercare rifugio in brandelli di memoria spaziale per ricordare strade e tradurre indicazioni di gente non più abituata a darle, a cenare davvero da solo cercando di origliare scampoli di conversazioni altrui, a rileggere gli ingredienti del sapone liquido in bagno senza coloranti artificiali e profumato senza allergeni.
Potrei sprecarmi nella retorica del ritrovare una dimensione interiore, dell’alzare di nuovo la testa, della bellezza dell’attaccare bottone col cameriere in pizzeria.
Ma la verità, amara, è che come in tutte le dipendenze l’astinenza mi ha fatto male.
E come in tutte le dipendenze un gruppo di auto-aiuto può essere di supporto.
Qual è la vostra relazione con lo smartphone?