Le otto montagne
Ci sono immagini che, anche nella loro più assoluta specificità, si rivelano essere irrimediabilmente ambivalenti.
Così, anche il fotogramma di un panorama montano può suscitare allo stesso tempo un pauroso senso di libertà e di rassicurante confinamento. In questo senso, lungi dal voler essere un film celebrativo e documentaristico sulla bellezza paesaggistica delle montagne della Valle d’Aosta, “Le otto Montagne”, diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersh, e interpretato da Alessandro Borghi e Luca Marinelli, racconta, attraverso la potenza emotiva della fotografia di Rubens Impens, di una montagna che sembra trasformarsi, quando a farlo, in realtà, sono solo gli occhi di chi la sta guardando.
Il grande merito del film è però quello di riuscire a coinvolgere appieno anche lo spettatore in questo processo di cambiamento percettivo e conoscitivo: si può davvero pensare di appartenere ad un luogo se poi si rimane estranei a se stessi? Come si possono realmente riconoscere i propri limiti? Come si può evadere da una idea di libertà che si rivela essere la più inviolabile delle prigioni?
“Avrà imparato di più chi ha fatto il giro delle otto montagne, o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?” è la giusta domanda da porsi? Forse no.
Forse quello che bisognerebbe domandarsi è, piuttosto, il “Perché”, nel tentativo di fare delle scelte, di definire quali dovrebbero essere i nostri progetti, si senta la necessità di andare alla ricerca di un luogo a cui lasciare l’assoluto potere di determinare la nostra identità, le nostre possibilità, i nostri limiti.
Lavinia Colanzi, dicembre 2022 – @Mozzafiato