Omaggio ai caduti
ADDIO MONTI
Si fa presto a dire “chi te lo ha fatto fare?”; si fa presto a chiedersi “perché lo fai?”
Non c’è un perché. O forse sì: la passione; anzi, l’amore.Chi va in montagna da esperto sa che il rischio è sempre in agguato e l’evento fatale sempre possibile. Chi ci va da inesperto dovrebbe esserne informato e desistere se lo ritiene un prezzo troppo alto da pagare; o quanto meno farsi ben accompagnare.
Pare che gli alpinisti morti sulla Marmolada fossero tutti ben esperti e ben equipaggiati; e v’è da crederci: non è facile arrampicarsi lassù, fra rocce, neve e ghiaccio senza adeguata preparazione. Così come era super esperto il Signore del Grignone, morto pochi giorni fa sulla sua montagna, che aveva scalato più di 5000 volte, contate e documentate.
E allora? Allora esiste anche la fatalità, benché a volte sia il nome con cui si giustifica una qualche leggerezza. Il ghiaccio che si stacca in una giornata a 40 gradi in pianura e 10 in quota forse non è proprio una casualità; un sasso che cede è nell’ordine delle cose.
L’alpinista esperto lo sa: la giornata ideale non esiste, il passaggio sicuro tanto meno. Però, dopo aver valutato, ponderato, meditato, va lo stesso. Anche se è già andato mille e mille volte. Anche se prima di lui là sono già andate mille e mille persone. Non importa che non sia la prima volta; non importa non essere il primo.
Importa andare. Importa provare a godere di un piacere superiore; provare ad avvicinarsi all’infinito contando solo sulle proprie forze, o almeno guardarlo dall’alto. Importa il contatto con una dimensione e una spiritualità superiori che solo la montagna sa dare.
Religione? No, al più filosofia. Non esiste un Dio della montagna che esige ogni tanto sacrifici umani. Esiste il rischio, più o meno alto, come in ogni attività umana. Rischio che chi ama è ben disposto a correre. Amare è rischiare, per definizione: spesso si è ricambiati, ma a volte si è traditi.Resta l’amarezza; unita alla consapevolezza che la morte in montagna per un alpinista vero, professionista o dilettante che sia, è la meno amara che gli possa capitare, unita al conseguente desiderio di rimanere per sempre lassù, fra le amate vette; cosa che, per come sono organizzate qui e oggi la vita e la morte, temo che non gli sarà possibile.
Resta la tristezza; unita alla consapevolezza che se andare in montagna è un vizio, è il più sano dei vizi.
Il Conte, luglio 2022 – © Mozzafiato