“SERGIO MEI: SOBRIETA’ ED ELEGANZA”
“C’è un tempo per parlare e c’è un tempo per ascoltare”. Mi sembra di sentire la canzone di Ivano Fossati – C’è tempo -, quando a metà dell’intervista Sergio Mei sottolinea l’importanza nel lavoro quotidiano, l’equilibrio tra il proporre e il prestare attenzione e l’obbedire. In medio stat virtus ed anche la capacità di saper reggere il timone. E’ strano come una semplice frase o un istintivo movimento ci permetta di riconoscere chimicamente una persona. In effetti quando alla presentazione della “Guida dei Ristoranti 2014 de Il Sole 24 Ore” ho visto Sergio Mei ricevere il Premio alla carriera, ho percepito immediatamente la persona dal pudore di ritirare questo premio così ambito. Una sobrietà ed eleganza che si esprime in un sorriso accennato e in un semplice e regale grazie. Questo si riflette nei suoi piatti e nella sua cucina. Una cucina che non vuole stupirci con effetti speciali – come quella di molti chef mediatici – ma donarci il piacere e la gioia del mangiare e del cibo. Gli domando come si fa a riconoscere il talento quando si hanno quasi 100 collaboratori da coordinare e da dirigere. Umiltà, curiosità e piacere di fare le cose, questi secondo lo Chef sardo sono i tre elementi che distinguono la “stoffa” e le doti di una persona. La Sardegna è la sua terra d’origine e di conseguenza non posso esimermi dal porre una domanda sulla recente tragedia. E con entusiasmo mi parla del progetto che avrà inizio dopo le festività natalizie. Una serie di eventi che avrà il compito di trasmettere attraverso la cucina sarda la cultura, l’arte e la musica della sua isola natia. “ Quando tutti terminano, noi iniziamo. Quando dell’alluvione che ha colpito i miei conterranei non si parlerà più alla televisione o sui giornali, voglio essere presente con questa iniziativa”.
Una presenza discreta e che appare nei momenti “veri” , quelli che contano. Come per il cliente, che Sergio definisce ospite, la presenza non deve essere esagerata, non deve soffocarlo, al contrario il nostro lavoro delle circondarlo di attenzioni, rispettando la sua privacy. Sergio aggiunge quando è importante che questo concetto sia trasmesso alle persone con cui si lavora. Lo Chef mi fa un esempio concreto parlandomi della puntualità. “Ogni volta che mi capita di essere in ritardo, telefono ed avviso perché ci sono i miei collaboratori che mi aspettano. Il rispetto del lavoro altrui è fondamentale, se vuoi essere un leader ed essere autorevole”.
Sergio Mei parla di alcuni momenti difficili nella sua vita, come quando nel lontano 1983 si è trovato senza una casa, senza un ristorante e senza amici e di come abbia ricominciato o di come quando un virus lo abbia piegato, ma sia rinato più forte di prima. “Tutto questo mi ha insegnato a reinventare la quotidianità. Credo tutto questo abbia origine dalla mia isola natia. In Sardegna c’è sempre il vento, ovunque. C’è vento sulle spiagge, nelle strade, nelle brulle montagne, c’è vento anche in casa. Questo vento mi spinge, mi esorta a cambiare, per esempio a rinnovare il modo di fare un spaghetto al pomodoro, utilizzando gli stessi ingredienti”. Ed aggiunge: “quando mi capitano delle giornate storte e sono negativo, per qualsiasi motivo, mi faccio da parte, lascio spazio al positivo”.
Se è vero il principio del il filosofo Feuerbach che “noi siamo quello che mangiamo” è altrettanto vero che quando siamo in un ristorante ed assaporiamo il piatto di uno chef, condividiamo la sua essenza. Chi è, cosa pensa della vita e come si comporta con la gente lo percepiamo nella sua proposta culinaria. E questo succede naturalmente e sublimemente con Sergio Mei.
Baldassarre Aufiero, maggio 2014 – @Mozzafiato
Foto di Ferdinando Cioffi