ABBIAMO CAPITO

 (CI ERAVAMO DIMENTICATI)

Che senza socialità non c’è felicità

Che la notte ha la stessa dignità del dì

Che il tempo e lo spazio sono relativi: da risorsa molto scarsa sono diventati d’improvviso risorsa molto abbondante

Che il tempo occupato è altrettanto prezioso di quello libero

Che lo spazio non è solo un’entità della fisica, ma anche della buona salute

Che il silenzio è pieno di rumori, tutti diversi

Che quando non c’è la puzza del traffico, anche l’aria di città è piena di profumi

Che l’igiene non è un optional, ma un obbligo

Che lo Spritz non è una bevanda, ma un aggregante

Che il museo virtuale dà emozioni tutt’altro che virtuose

Che la normalità è gioia, altro che noia e banalità

Che i tagli alla sanità (e all’istruzione) sono il peggior disinvestimento che si possa fare

Che lo studio a casa al computer è meno piacevole di quello in aula alla lavagna

Che gli studenti sono anche dei viventi

Che i Classici anche in questo ambito avevano già visto e detto tutto; così dopo improbabili siti ed improvvisati virologi, abbiamo iniziato ad interrogare Tucidide e Camus, Boccaccio e Manzoni

Che il lavoro da remoto è più noioso e meno efficiente di quello dal vivo

Che i lavoratori non sono strumenti passivi, ma agenti attivi

Che ci sono luoghi che la fretta nasconde

Che la bellezza a volte rima solo con lentezza

Che dovremmo usare le parole amicizia e fiducia meno spesso di quanto facciamo

Che si può vivere bene, anche in Italia, senza l’invadenza del calcio, dei suoi commenti e dei suo tifo

Che la Musa si nutre dell’assenza

Che la Paura per gli antichi era una divinità, e come tale era meglio non provocarLa

Che il motore del consenso (eccedo nel vietare ed imporre altrimenti poi mi accusano di non aver fatto abbastanza) può essere insidioso ed infido quanto quello dell’autoritarismo (eccedo nel vietare ed imporre tanto non devo render conto a nessuno)

Che la libertà, con la salute, è il vero bene supremo

Il Conte, marzo 2020 – © Mozzafiato

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