Ho letto che
L’amore che si paga
non è amore.

Ho riflettuto sopra ai suoi fianchi, vicino alle sue labbra, davanti alle sue spalle.

Mi ha chiesto di non baciarla.
Ho rispettato il suo desiderio, rispetto tutti i desideri quando posso, soprattutto quando sono stanco.

L’amore che si paga non è amore!
Ripetevo costantemente questo pensiero mentre facevamo “capolinea”.

Ho rispettato il cielo ma non le mie voglie, ho rispettato l’uomo ma non la mia anima.

Lei sorride, ha una piccola cicatrice vicino all’occhio sinistro, io ne ho una sul dorso della mano, ho pensato che le persone hanno spesso qualcosa in comune ma se ne dimenticano; l’amore che si paga ha un profondo profumo di vuoto e di riconciliazione, intanto, le lancette del mio orologio continuano a girare, i suoi piedi sono belli, la nostra pelle sembra conoscersi da un “sempre mai”.

Siamo due corpi uniti per ricordare alle nostre ossa quanto tempo perdiamo a rincorrere la carne.

L’amore che si paga non è romantico, ma prima di andare, ho sistemato il quadro alla parete che pendeva leggermente verso la finestra, poi ho chiuso la porta silenziosamente per non svegliarla.

L’amore che si paga ha un prezzo già definito che ho lasciato con discrezione sul tavolo della cucina, ho aggiunto anche un grazie, scritto velocemente su un pezzo di carta strappato dal giornale.

Gianluca Nadalini, febbraio 2020 – © Mozzafiato

Dipinto di Henri de Toulouse-Lautrec , Al Salon de rue des Moulins – 1895

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