FOOD FOLIES
In principio fu mangiare per nutrirsi.
Poi si pensò al cibo come cultura,espressione del territorio; appropriata evoluzione.
Poi vennero gli alimenti vezzo,ricordate la sushi mania di qualche anno fa? Per non essere out si doveva essere in un fusion giapponese…col risultato di pagare un pezzettino di pesce,per di più crudo,quasi come un pezzetto d’oro.
Da lì in poi un’escalation incontrollata.
Fiere del cibo, settimane del cibo, ricette alla radio, massaie-o aspiranti-tali in TV alle prese con soffritti e soufflés, cuochi diventati maîtres, osti diventati sommeliers, chefstars a competere per popolarità con rockstars e archistars, selfies con gli spaghetti, fotoritratti al tiramisù, libri di cucina accolti come opere letterarie (non escludo a breve un Nobel), politici anche di primo piano e anche internazionali a dissertare di pietanze e intingoli piuttosto che di politiche economiche e sociali.
E siccome una escusatio non petita dev’esser trovata (marketing docet), il tutto ammantato di sfumature green, di moniti salutisti, di prediche etiche e fin di retoriche buoniste.
Ma cosa v’è di più genuino, a chilometro zero, socialmente e localmente utile-nonché sommamente gustoso-di un buon ristorantino familiare, magari pure in provincia, o di una semplice pizzeria tradizionale? La qualità non soffrirebbe, la soddisfazione migliorerebbe, il buon umore crescerebbbe e il portafoglio ringrazierebbe.
Gustate responsabilmente.
Buon sano appetito a tutti!