Saremo tutti Matusalemme?
Chissà se un giorno non festeggeremo più il compleanno, perché conterà di più l’età biologica, di quella anagrafica, la nostra esistenza sarà valutata non sulla data di nascita ma sui parametri metabolici e fisici. Non illudetevi però, non saremo immortali ma vivremo sani più a lungo, perché saremo in grado di rimpiazzare i tessuti persi con l’invecchiamento.
Da decenni la scienza cerca di rallentare l’inesorabile scorrere del tempo e ci riuscirà di certo prima o poi, anzi, lo sta già facendo, vediamo come. Studi recenti hanno scoperto che nelle nostre cellule c’è un programma di ringiovanimento che può essere risvegliato. Se ne sono occupati i biologi del centro ricerche in Medicina a Stanford, che ha ricevuto diversi milioni di fondi per lo studio dal CIRM, il California Institute for Regenerative Medicine.
Parallelamente e sempre stimolate dall’eterna sfida alla Dorian Gray, alcune startup innovative fondate da donne stanno sviluppando una generazione di farmaci che riattivano i programmi di giovinezza presenti nei nostri tessuti. Si tratta di farmaci basati su una tecnologia brevettata sempre alla Stanford University ed è un approccio completamente nuovo di trattare le malattie dell’invecchiamento.
Ora vediamo da che punto di vista è partita questa idea: nelle cellule c’è un regolatore epigenetico dell’invecchiamento che ne determina la morte, quando si riesce a limitarne la funzionalità, l’invecchiamento rallenta.
Questo processo esiste, occorre solo risvegliarlo; si tratta di attivare qualcosa che è intrinseco nel nostro programma genetico. Dobbiamo però sottolineare, per onestà intellettuale, che vivere a lungo non sarà solo frutto di una pillola che bloccherà l’invecchiamento cellulare, dovremo metterci del nostro cambiando lo stile di vita. E ciò richiede impegno e costanza. In questo è utile fare sport quasi tutti i giorni, seguire il digiuno intermittente mangiando da mezzogiorno alle otto di sera e digiunare completamente tre giorni al mese. È stato dimostrato che questa pratica ha moltissimi effetti sul metabolismo cellulare e sul mantenimento della “pulizia” delle nostre cellule”.
Le conseguenze di questi studi saranno amplissime e impattanti, perché vivere a lungo cambierà completamente i paradigmi della società. Perché studiare la longevità non è soltanto scienza, è una rivoluzione culturale e sociale con cui ci stiamo confrontando. La popolazione sta invecchiando sempre più e fra qualche anno questo diventerà un grande problema. Negli ultimi 35 anni, le persone hanno guadagnato un’aspettativa di vita di ben tre mesi l’anno. Se l’attuale ritmo di progresso continua, la maggior parte dei bambini nati in questo millennio festeggerà il suo centesimo compleanno.
Ma quanto tempo potrà vivere un essere umano? L’essere più longevo la cui età è stata documentata certamente è stata la francese Jeanne Calmet, morta all’età di 122 anni, record che non è stato ancora battuto. Alcuni scienziati sostengono che il limite della vita umana sia stato già raggiunto o stia forse raggiungendo un plateau; tuttavia, altri non sono convinti, ritenendo che con il tempo e le scoperte scientifiche si possa superare il record della signora Calmet.
Secondo le previsioni degli scienziati ci sono 3 possibili scenari futuri:
1 l’aspettativa di vita aumenterà, ma più lentamente che in passato a causa del raggiungimento del “limite”;
2 l’aumento dell’aspettativa di vita di 2,5 anni per decennio continuerà come in passato;
3 l’aspettativa di vita aumenterà a un ritmo molto più rapido grazie ai progressi biomedici, come già accaduto dagli anni ’50 del secolo scorso.
In questo terzo scenario, non si immagina solo un futuro in cui gli interventi potranno prevenire la nostra usura fisiologica, rendendoci più resistenti alle malattie legate all’età, ma saranno anche gli sviluppi nella medicina di precisione, nelle nanotecnologie, nella rigenerazione dei tessuti e nella ricerca sulla biologia a portare a un rallentamento dei tassi di invecchiamento.
Quali saranno i punti fondamentai per abbattere la barriera dei 100 anni per tutti?
1 mangiare poco e cibi semplici, di stagione, poco elaborati
2 ridurre i livelli di fattore crescita insulino-simili (IGF-1), un ormone di natura proteica che infiamma il corpo
3 prevenire il danno ossidativo ai tessuti del corpo
4 regolare attività fisica, una dieta basata su legumi e verdure e una struttura sociale che favorisce rapporti umani intensi e mette al centro la famiglia.
Il paradigma per il futuro però dovrà essere: sani, oltre che anziani. Questo perché con l’aumento dell’aspettativa di vita, aumenta anche la morbilità. Più invecchiamo, più siamo a rischio di malattie tra cui cancro, diabete, Alzheimer e malattie cardiovascolari, che sono tra le prime dieci cause di morte in tutto il mondo. Ciò non è solo destinato a esercitare una pressione crescente sull’economia e sui sistemi sociali nella maggior parte dei Paesi. Ma impone anche uno sforzo dei sistemi sanitari per mettere le persone in condizioni di sperimentare un invecchiamento in salute, ossia soddisfare i loro bisogni primari, aiutarli a costruire relazioni sociali, consentire loro di vivere in ambienti sani.
Con l’aumento della longevità, le conseguenze economiche, sociali, sanitarie, culturali e politiche saranno indiscutibili. Una di queste riguarderà l’assistenza sanitaria, perché con un numero sempre maggiore di ultra centenari, i sistemi sanitari pubblici dovranno affrontare una sfida crescente nel gestire una quantità di pazienti con risorse economiche limitate. Cosa succederà dunque se e quando tutti saranno in salute e dotati di buona mobilità fino ai 90/100 anni? L’età pensionabile e i meccanismi di protezione sociale cambieranno?
Andrà ripensato tutto, dalla riprogettazione delle città, che dovranno adeguare i loro quartieri e ai trasporti per una popolazione longeva con esigenze nuove e diverse, dalla ristorazione ai luoghi di divertimento, ai viaggi, alle attività commerciali in generale.
Speriamo di vivere abbastanza a lungo per vedere tutto questo.
Lunga e sana vita a tutti.