Si sgretola il sonno, come pezzi di intonaco.

Dormire è momento di pace –

assomiglia alla morte che culla le screzie.

Per un cervello che presenta incrostazioni maligne,

dormire è lo scotto che raffredda il gelo.

Quando interrotto la mente si sveglia all’eterno;

gli angeli non ci fanno più visita,

e la finestra cinguetta malignità dentro l’orecchio.

Dormire è la pittura pesante sugli occhi,

il rastrello che chiude le ciglia di botto,

l’olio che come unguento profuma le fibre,

si sciolgono i nodi caustici per lasciar spazio

ad un’ingnominia di sofferenza.

Lepre sono le palpebre che corrono da un sogno all’altro,

i bulbi oculari comunicano la corsa a perdifiato del giorno stantìo.

Per questo brucia l’apertura, la mandorla castana che osserva il soffitto reale.

Si ritorna a camminare con le gambe rotte,

e si sente il pavimento gonfio.

Le vene pulsano più velocemente il veleno,

il cuore attende lo stordimento.

Si ritira come marea pulsante l’onda che scroscia impetuosa,

spariscono le conchiglie e le frattaglie,

le alghe che tenevano strette le giunture.

Ci si risveglia con le fiamme sulfuree

che pizzicano il palato ingombro.

La lama spezza la corda che teneva legato

il cordone ombelicale all’onirico.

 

Giorgia Deidda, febbraio 2024  – © Mozzafiato

 

 

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