Migrare humanum est?
SIAMO TUTTI IMMIGRATI. DIGITALI

Lidi perigliosi e colmi di incognite, popolati da tribù dapprima forestiere, dedite a strani e inizialmente incomprensibili riti, pronte a respingere,ingannare,truffare i nuovi venuti.
Lidi dove i nativi sono tutti giovanissimi,fin bambini; e incomprensibilmente più abili di antichi uomini esperti.
È stata una migrazione obbligata, solo raramente scelta, quasi sempre subita. Una migrazione necessaria, per cercare migliori opportunità, per sfuggire all’emarginazione, alla povertà e forse anche alla morte che minacciavano chi vi si opponeva.
Come ogni emigrato, ogni neo digitale di tanto in tanto ritorna alle proprie tradizioni, al paesello analogico, con nostalgia; e con stupore per come ci si è potuti accontentare di così poco per così tanto tempo.

Il fascino che vi si avverte però è intenso, come quando si lascia per un po’ la frenesia della città o la comodità di una dimora ultramoderna per adattarsi ad un rifugio montano o ad un’antica villa abbandonata.
Il mondo virtuale rispetto a quello fisico ha peraltro un grande vantaggio: si può espandere e consumare pressoché all’infinito (è un bene non rivale,direbbe un economista); quindi i nuovi giunti non sottraggono spazio,tempo,risorse,energie agli autoctoni,né gli uni agli altri fra di loro. Sono anzi coloni che portano e creano valore, non invasori che ne tolgono o ne distruggono.

Evviva le migrazioni, digitali.
E vivano pure (e a lungo) la penna a sfera e la bella calligrafia, lo stereo e il rullino da 36, il biliardo e il francobollo.