Finalmente una brutta poesia per te.
Senza cuori, senza rumori, senza niente.
L’ho pensata mentre mi pettinavo, ho visto il tuo reggiseno appeso al rubinetto della doccia, e niente, ho detto: Che brutto!
Finalmente una poesia brutta soltanto per te, una di quelle che nemmeno ci metto un tramonto, nemmeno i passeri ci voglio mettere,  l’ho pensata mentre mi lavavo la faccia, poi ho visto il tuo elastico giallo per legare i capelli, e niente, ho detto: Che brutto!
Finalmente una poesia senza baci, senza tenerezze, senza giri di parole che girano parlando a giri inutili d’intenti, senza gatti, senza cani, senza lentiggini e tutto il resto, poi ho visto la tua gonna leggermente sgualcita appoggiata sul divano, e niente, ho detto: Che brutta!
Finalmente silenzio, una poesia che nessuno potrà mai leggere, senza lettere, senza voce, senza pagine svolazzanti da inseguire, senza cene al lume di una candela tremolante (che fa chic) e sotterfugi per arrivare a toccarti almeno un ginocchio, senza Pinocchio, senza favole, senza magie, senza l’odore dei fiori quando i fiori fioriscono, poi ho visto le tue scarpe davanti alla porta, e niente, ho detto: Che brutte!
Finalmente libero di scrivere una brutta poesia per te, una di quelle poesie brutte da esclamare: che brutta!
Vabbè sono ripetitivo e ripetente.
Poi ti ho visto arrivare tipo sonnambula in cucina, indossavi un mio pigiama più grande di tre taglie raccattato nel cassetto, dei tuoi capelli non né parliamo nemmeno, dei tuoi piedi scalzi lasciamo perdere, della tua faccia quasi mi vergognavo per te, lo ammetto eri talmente brutta che non sono riuscito nemmeno a dirti ciao.

Ho potuto solo abbracciarti e dirti: Buongiorno amore mio.

Dai, che sono bruttissima stamattina.
Sei sempre brutta lo so!

Gianluca Nadalini, aprile 2018 – © Mozzafiato

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