Umberto Eco
Per chi ha studiato all’Università di Bologna come me Umberto Eco non era ‘solo’ il grande semiologo, esperto di comunicazione e scrittore, ma era soprattutto il prof che abitava l’aula di via San Vitale 51. Io ci andavo ogni tanto, non ero iscritta al suo corso, ma a Filosofia, indirizzo Estetico e, insomma, un salto laggiù lo facevo spesso. Per approfondire. Le sue lezioni provocavano rapimento mistico, passione, innamoramento della materia anche e in virtù del carisma del prof, che sapeva imprimere ogni volta uno slancio nuovo nella suo insegnamento. Tutti i suoi studenti erano motivatissimi. L’aula sempre piena e lui un vero oratore. Si faceva annunciare dal cappello nero di feltro, dalla risata aperta e venata di sarcasmo e dallo sguardo curioso come quello di un fanciullo, ma con la sapienza e la maturità dell’adulto intellettuale.
Fra i banchi della grande aula a semicerchio negli anni Novanta si sedeva anche mia mamma. Aveva saputo che lo scrittore de Il Nome della Rosa insegnava a Bologna e ci è andata la prima volta per curiosità. Sedotta dal nome e dal carisma, senz’altro. Poi mi ha rivelato che, pur dovendo concentrarsi al massimo per capire tutto ciò che diceva, era bellissimo frequentare le sue lezioni. Perché la sua esposizione era chiara, coinvolgeva i ragazzi e quell’ora diventava un vero happening. Anche se finalizzato a dare un esame.
Ogni tanto, ricordo, ripassava gli appunti – perché la mamma prendeva sempre appunti come una qualsiasi studentessa – che teneva raccolti in borsetta. Dice che sono sempre utili gli appunti di Umberto Eco. Ti aiutano a capire la realtà, la politica che ti circonda e i suoi politicanti. Lei è una donna semplice, e la materia di Eco è molto molto mentale. Eppure è linguaggio, ciò che adoperiamo ogni giorno. Ma che lavora anche di notte, nel nostro subconscio. Da qualche parte, allora, a mezz’aria fra realtà e sogno, penso che il grande cervello di Eco e le parole semplici e dirette della mamma si devono essere incontrati e capiti. Grazie Professore.
Lara Ferrari, febbraio 2016 – © Mozzafiato (Riproduzione riservata)