La grande scommessa
Gli scheletri nell’armadio della finanza USA
Il soggetto è semplice: raccontare come un gruppo di esperti di borsa intuì lo scoppio della bolla immobiliare USA e le sue conseguenze nel 2007.
Lo sviluppo è invece un bel po’ più complesso: tutto è infatti “spiegato” utilizzando elementi altamente specializzati di tecnica borsistico-finanziaria che mettono a dura prova le capacità di comprendonio dello spettatore medio.
La sfida però è supportata da uno stile molto particolare, a cavallo tra il racconto e l’inchiesta, con improvvisi sguardi in macchina e domande dirette a chi è in sala; un montaggio nevrotico, aggressivo, sconnesso ed addirittura talvolta irritante è l’arma vincente.
Appunto lo spettatore viene sfidato a star dietro all’evoluzione del plot . Al tempo stesso viene stordito dalle conseguenze che la vicenda fa intravvedere ed affascinato dal modo, sicuramente solo in parte comprensibile, in cui viene raccontata, sempre in bilico tra finzione e la dura realtà.
Uno stordimento e fascinazione pari a quella che deve aver provato chi è stato sedotto dalla prospettiva dei guadagni facili che il sistema dei mutui subprime faceva intravedere.
Diretto da Adam McKay , ottimamente recitato da B. Pitt , C.Bale e altri attori di fama con registri in equilibrio tra esaltazione, pragmatismo e riscatto morale, “La grande scommessa” è la risposta intelligente alle inutili esagerazioni di regia e di interpretazione portate sullo schermo da Scorsese e Di Caprio in “The wolf of Wall street”.
Marco Massara, gennaio 2016 – © Mozzafiato (Riproduzione riservata)
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