“ELIO FIORUCCI: ARTISTA DELL’INNOVAZIONE”
Maestro del Design e del Costume
Forse la migliore definizione per Elio Fiorucci è una frase che ho letto nel libro degli ospiti di un ristorante-cafe in Sud America:
“ L’uomo felice è colui che celebra se stesso e la sua unicità”.
Non ho mai scoperto l’autore, colui che aveva scritto questa perla di saggezza. All’epoca mi aveva fatto immediamente percepire perché mi sentivo bene lì, dall’altra parte dell’oceano ed oggi capire che ho vissuto un dono. E dalle prime parole Elio Fiorucci capisco che il concetto è giusto. Mi racconta di essere stato inserito nel libro di due scrittrici che raccontano “Il paradosso del successo”, in cui affermano che le persone diventono geniali perché non riescono a essere normali.
In altre parole si può diventare famosi facendo le cose che realmente ci piacciono.
“Senza paura di scandalizzare”- mi sottolinea il Sig. Elio- “ero svogliato, pigro e andavo male a scuola, eppure dopo aver lavorato nel negozio di pantafole del babbo, apro il mio primo negozio in Piazza San Babila nel 1967.” All’inaugurazione arrivò Adriano Celentano con il suo clan su una Cadillac rosa e da lì il successo non si è più fermato. Le collaborazioni e le amicizie con Andhy Warhol e Keith Haring, i concetti di “total look & life style”, i primi negozi a Londra e a New York, l’intuizione di mischiare la Lycra al Denim e la nascita del primo jeans stretch. Un basico di cinque tasche a misura del corpo femminile, aderente e seducente.
Tutto questo fa di Elio Fiorucci “l’uomo che ha globalizzato il mondo, molto prima dell’arrivo della globalizzazione”. Specialmente oggi che scopro davanti a me un filosofo, ma anche un uomo semplice. Mi sorprende quando insiste su un’ immagine apparentemente banale. Mi racconta di aver visto nella confusione del centro di Milano due ragazzi che si baciavano in mezzo alla gente. Il paradigma dell’Amore, la forza di quella passione inesauribile. Come nella foto di Doisneau dove gli innamorati che si baciano incuranti della folla e abbandonati nel loro incanto. E da li trae origine il suo nuovo progetto “ Love Therapy”, di operare in qualsiasi campo della vita o settore della società affinchè il bene emerga. Il bene come dna dell’essere umano. E ciò si concretizza identificando abiti, accessori e oggetti che, grazie a colori, materiali e forme infondono, anche solo a guardarli, un sentimento di ottimismo, inducendo così a una visione positiva della vita.
Conoscendo l’uomo, Elio Fiorucci ci parla del suo amore per la natura per la semplice vita agreste, della pulizia interiore che ti dona una passeggiata nel bosco, di quanta forza ci sia in una gallina che aiuta un pulcino ad uscire da un uovo beccando il guscio, di come scorra in questo gesto la Vita. Quella con la”V” maiuscola.
Poi ritorna a parlare di come sia importante nelle relazioni umane, il sorriso. Ricorda che alle sue collaboratrici nello storico negozio di piazza San Babila suggeriva sempre di sorridere a tutti i clienti, sia a coloro che compravano sia a quelli che uscivano senza aver acquistato. Ritengo però che quel sorriso fosse solo la spontanea manifestazione di stare bene, di fare un lavoro che piace, di evidenziare un senso naturale di appartenenza all’azienda, che neanche mille ore di formazione “aziendale” dei managers più accreditati sarebbero riusciti ad infondere. Ci ricorda la frase scritta di una blogger sul suo negozio in San Babila, che quando si fermava guardando le vetrine aveva la stessa impressione di Audrey Hepburn di fronte a Tiffany :” Capisci cosa intendo quando dico che niente di brutto può accaderti qui?”. Forse l’episodio peculiare della sua personalità – che credo ci doni un vero profilo dell’essere umano – è la serata inaugurale dello Studio 54, nel cuore di Manhattan, discoteca-mito legata alla disco-music, diventata poi fenomeno di costume.
Lui è incaricato di sponsorizzare il Grande Opening del locale. Lo stilista ha organizzato un volo charter da Milano con tutti i suoi amici. New York è bloccata dal traffico proprio per l’inaugurazione. Rigidi buttafuori, con fisici da gorilla, fanno passare solo chi ha l’invito. Tutti gli italiani del volo da Milano lo possiedono. Ma Elio non ha il pass. Lui in quanto organizzatore non gli è venuto in mente neanche di procurarselo. Prosegue dicendomi: “A quel punto avevo due scelte o inalberarmi e la metto lei non sa chi sono io, oppure comportarmi cogliendo il momento, facendo istintivamente la cosa che mi sembrava giusto fare”.
Si siede sul marciapiede di fronte e guarda quella folla immensa che vuole prendere parte all’evento, che lui stesso ha creato. Donne affascinanti scese da auto di lusso vengono sollevate come fuscelli e portate in braccio dentro il locale. Le persone più famose di New York e, forse, d’America, stanno arrivando e vogliono assolutamente farne parte.
Conclude dicendomi: “ Rimasi seduto sul marciapiede tutta la sera ed intuì che il vero spettacolo non era dentro il locale, ma fuori. Come uno Chef che guarda da lontano i suoi commensali, per osservare gli effetti che fanno i suoi piatti”. Solo ora capisco che Elio Fiorucci non mi sta trasmettendo un messaggio, che può avere varie chiavi di lettura, ma un significato reale e concreto, dove si trova già una spiegazione.
Baldassarre Aufiero, aprile 2014 – Mozzafiato copyright